Un libro tra le mani

“Pedro Páramo” di Juan Rulfo, recensione: Un libro tra le mani

Oggi, la “Giornata Mondiale del Libro”, voglio festeggiarla con questo romanzo-capolavoro 

PEDRO PÁRAMO di Juan Rulfo.

Evanescente e meraviglioso.
Uno di quei libri non facili da seguire, dalla struttura frammentaria, con continui salti temporali dove passato e presente si alternano senza linearità… ma capace di avvolgerti in un’aura magica, sensuale, una dimensione sospesa ed eterea in cui tutto è vivo e morto insieme, dove tutto è vero e immaginato, reale ma impalpabile.

Raffinato, immaginifico, ipnotico.

La vita e la morte si fondono e si confondono, fino ad impastare le loro voci in un unico suono, un mormorio costante, un sussurro che viene da un altrove lontano per ricordare cio che è stato e che sempre sarà.
Comala è come un Purgatorio di anime che vagano alla ricerca di un perdono, dell’espiazione di peccati che alcuni non hanno neanche commesso, o un riscatto per le umiliazioni, i soprusi e tutto il dolore patito.
Un Messico ferito, dolente, piegato sotto il volere di chi riesce ad imporsi sugli altri con la forza, con la violenza.

Chi era Pedro Páramo?

Un uomo malvagio, un prevaricatore, un violento, uno stupratore, uno che si é preso tutto quello che ha voluto, senza chiedere, calpestando chiunque intralciasse il suo cammino.
Eppure… eppure nessuno riusciva a dirgli no, tutti lo temevano o erano suoi complici, le donne lo desideravano.

Ma Susana… Susanita
Il  suo grande amore fin dall’infanzia, la sua ossessione.
Susana no.
Susana San Juan ha preferito rifugiarsi in un altrove tutto suo, lontano dal corpo, quel corpo che non poteva opporsi alla violenza e bramosia del padrone, nascosta in un sonno senza tregua, in amori esistiti solo per lei, in lei.
Meglio pazza che completamente sua.
E lui nulla ha potuto contro tutto questo, la sua unica vera sconfitta.

Comala senza il suo padrone, muore.
Ma le voci restano, e resta la storia… che deve essere raccontata.

La voce narrante é quella di Juan Preciado, figlio di Pedro Páramo (uno dei tanti, tante quante sono le donne da lui abusate) e di Dolores, da lui sedotta, usata (la sua famiglia gli era creditrice) e poi abbandonata.
Alla morte della madre, Juan le promette che sarebbe tornato a Comala per cercare questo padre mai conosciuto, e vi troverà un paese lugubre, morto, ove l’eco delle vite di tutti gli abitanti di questo non-luogo gli parleranno di lui.

Questo romanzo si fa plasma e inizia a scorrerti dentro le vene, va ovunque in maniera disordinata, raggiunge le estremità, torna indietro e poi di nuovo in circolo lasciandoti addosso un grande senso di desolazione, inquietudine, malinconia, ma anche la gratitudine di aver trovato la meraviglia nel caos.

Con Rulfo la letteratura sudamericana trova la sua voce, una voce direi quasi “identitaria“.
E, a proposito di voci, mi sento di consigliarvi caldamente quella di Michele Di Mauro che, per “Ad alta voce“, legge divinamente, con stupore e sensualità, questo piccolo, suggestivo ed immenso romanzo.

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“Pedro Páramo” di Juan Rulfo, Einaudi editore . Un libro tra le mani.

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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