Di Versi in Versi: “Il coraggio di non lasciare il segno” di Dario Talarico
Oggi vi proponiamo un estratto da “Il coraggio di non lasciare il segno” di Dario Talarico, edito da Puntoacapo Editrice.
La solitudine di Dio
Infine
deve essere questa la solitudine di Dio.
Dev’essere questo il vicolo cieco
della poesia e del pensiero,
quando del mio sguardo che aveva sfidato
il sole non sono rimaste che due pupille
ristrette come ostriche al limone.
– Ho pensato contro un muro. –
Ho creduto eterno un mondo con un sole
solo perché non avrei potuto vederne la fine.
Né c’è sforzo che valga – se un giorno
il mondo per cui mi faccio acqua e sale
smetterà di resistere al tempo.
Se qui, nella cloaca dove ora siamo, persino il tuono
è più debole di un singhiozzo. no. Non c’è perché
che valga. Ma quanto futuro ha una generazione
senza antenati? – Fermiamoci adesso. –
É così stupido essere intelligenti.
Che l’uomo – faccia spazio di se stesso.
Che sia il vuoto – che riempie il nulla
tra i corpi celesti:
– infine – dev’essere questa la solitudine di Dio.
***
Io non voglio morire solamente aspettando il semaforo verde
Io non voglio morire solamente
perché sono stanco. Solamente
perché ho troppo amato il mondo.
Perché forse la vita è vera.
E se così non fosse, le parabole
che tracciano le anatre sul traffico
non mi lascerebbero così turbato.
A nulla serve far finta di essere indifferente:
anche se la pensosa ansietà di esistere
ci ha negati a vivere – siamo qui.
E qui sono. Anche se non voglio. Anche
solo per questo istante. – Solo
come eco, come balbuzie del cielo.
Ma ancora penso. E resto impigliato
al mio viso. – Penso. – E nel farlo
riperdo senso. Penso. – E vorrei morirmi.
È il grido della specie
a fare questa cagnara dentro di noi.
– Il grido. – La specie. – Il semaforo verde.
Solo nei polmoni –
deve esserci un impalpabile silenzio.
***
Confessioni
La sensazione più insistente
è quella di avere tutte le carte in regola
per essere il migliore –
o il più sconosciuto dei poeti.
La sensazione – è che non sia una novità.
(Ma nel dubbio, anche una lisca di pesce
può diventare una scolopendra di vertebre.)
Intanto però ci raccontiamo di essere postumi,
come il credente in punto di morte
prova a rassicurarsi, dicendosi che in fondo
adesso – se i conti tornano – dovrebbe
essere proprio il momento del paradiso.
Ma si può avere fede, senza sapere di averla?
Nessuna replica. Chi ci ha dato l’intelligenza
di porci domande, ha dimenticato – di darci
anche l’intelligenza di trovare risposte.
E siamo dove crocchiano le parole, fra
il rombo degli aironi e questo cetaceo russare.
Dove nulla o quasi manca.
Perché questo, fratelli, è la nostra vita:
portare testimonianza
– di una pagina bianca.
Dario Talarico nasce a Roma nel 1990. Suoi testi appaiono in volumi di poesia contemporanea quali Trifolium 2010 (Caravaggio), le antologie 2013 e 2014 del Premio Alda Merini e Il Segreto delle fragole (a cura di G. Oldani e M. Bignotti, LietoColle 2015). È stato presentato in diversi programmi radiofonici e ha rilasciato interviste televisive per Se Scrivendo e 10 libri della piattaforma Sky. Nel 2013 ha tenuto a Trieste la relazione Artigianato artistico durante il Forum Mondiale «Right to Dialogue» e l’intervento è stato pubblicato nel volume bilingue Città / Globale – Global / City (Ibiskos). Ha collaborato con blog e riviste letterarie quali La poesia e lo spirito e L’EstroVerso. Dopo aver ritirato i primi due libri dalle stampe, rimane in commercio La farfalla di piombo (LietoColle 2013).