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“Io speriamo che me la cavo” di Marcello D’Orta: recensione libro

“I buoni rideranno e i cattivi piangeranno, quelli del Purgatorio un po’ ridono e un po’ piangono. I bambini del limbo diventeranno farfalle. Io speriamo che me la cavo.”

Citazioni che ho più apprezzato del libro:

-“C’era una volta Ulisse, che aveva incendiato la città di Troia. Lui aveva usato lo stratagemma del cavallo legnoso, e così uccise tutti”.

-“Io penzo (e credo) che la donna deve essere uguale a l’uomo, perché non è giusto che non è uguale. L’8 Marzo la donna deve essere uguale, all’uomo!”

-“A tavola mia si mangia con i guai. Poi, se abbiamo finito, e esce la faccia di Gheddafi , papà fa un rutto.”

-“Il mondo fa schifo, io non ho paura a dirlo, perché sono il capoclasse, e certe cose posso dirle.”

-“La mamma è una cosa seria. Essa si sacrifica da quando noi nasciamo. Essa produce il latte per noi. Quando siamo piccoli produce il latte, perché è un mammifero : per ciò si chiama mamma.”

Trama di “Io speriamo che me la cavo”

L’autore ci offre una meravigliosa chiave di lettura dell’opera: «Quanti temi avrò letto nei miei dieci e più anni come maestro elementare di Arzano? Non lo so, ne ho perso il conto. Ma non li ricordo perché ordinati o disordinati, tristi, giocosi e persino polemici, tutti hanno sempre detto e a volte dato qualcosa. Tanto che alcuni li ho conservati e ora ho voluto raccoglierne una sessantina tra i più ameni e sorprendenti. Credo che valga la pena di conoscerli. Colorati, vitalissimi, spesso prodigiosamente sgrammaticati e scoppiettanti di humour involontario, di primo acchito possono far pensare a una travolgente antologia di “perle”. Ma, per chi sa guardare, sotto c’è qualcosa di diverso e di più. Una saggezza e una rassegnazione antica, un’allegria scanzonata e struggente nel suo candore sottoproletario, una cronaca quotidiana ilare e spietata che sfocia in uno spaccato inquietante delle condizioni del nostro Sud.»

“Io speriamo che me la cavo” di Marcello D’Orta: recensione libro

Questo libro potrebbe benissimo entrare a far parte della serie “Libri della mia infanzia”.
La prima volta che lo lessi ero in seconda elementare e me lo feci prestare dalla mamma di quella che all’epoca era la mia migliore amica.
Non si tratta di un romanzo, ma piuttosto di una raccolta vera e propria di temi appartenenti a bambini della scuola elementare. Praticamente la prima volta che lo lessi avevo la stessa età degli autori di quelle pagine. Ricordo che fu proprio questo a stupirmi: leggere di situazioni e vicende di vita, appartenenti appunto a miei coetanei, così diverse e difficili rispetto alle mie.
Dai miei genitori, che hanno trascorso la loro infanzia in una Napoli dei primi anni ’70, seppi che ciò che era riportato in quei testi era spesso e volentieri veritiero. Molti bambini infatti vivevano davvero in case fatiscenti, spesso con una sola stanza e poco mobilio, le famiglie più povere erano davvero molto numerose arrivando a contare anche 8 figli ciascuna, la scuola era davvero messa in secondo piano, si preferiva infatti insegnare un mestiere ai bambini sin da piccolissimi, senza contare il fatto che il loro stesso lavoro risultava poi essere una fonte di rendita per le loro famiglie.


Questo libro comunque non risulta interessante unicamente per le storie in esso raccontate, ma anche per il modo in cui è scritto. Gli errori grammaticali, i vocaboli dialettali e le possibili parolacce non vengono infatti cancellate o corrette. Sono temi nudi e crudi, riscritti esattamente nel modo in cui erano “usciti” dalle menti dei loro piccoli autori. Forse è proprio questo che rende questo libro divertente, ironico, ma anche estremamente triste lasciando nel lettore una sensazione quasi di vuoto alla fine della lettura.

Consiglio vivamente anche l’omonimo film che ne deriva🎥


Rileggendolo non ho potuto fare altro che ricordare, dentro di me, quelli che dovrebbero essere i 10 diritti fondamentali dei bambini che tutt’ora nel mondo non vengono affatto rispettati…

Biografia dell’autore

Nato in una famiglia di dieci persone in vico Limoncello, nel centro antico di Napoli, da maestro di scuola elementare ha insegnato nelle scuole del territorio napoletano per quindici anni. Proprio dall’esperienza scolastica trasse ispirazione e materiali per la scrittura del suo primo libro, Io speriamo che me la cavo, rivelatosi un best seller, un libro anomalo nel suo genere che ha venduto due milioni di copie in Italia, diventando un caso nel campo dell’editoria italiana, che raccoglieva sessanta temi scritti da bambini di una scuola elementare di Arzano (Napoli). È morto per un tumore, insorto un anno e mezzo prima, il 19 novembre 2013 a Napoli.

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Mi chiamo Lara, ho 22 anni. Amo leggere e scrivere. Scrivo recensioni per il puro piacere di farlo e per condividere con chi mi legge le emozioni che i libri sanno trasmettere. Qui di seguito trovate il link della mia pagina Instagram dedicata per l'appunto a questa mia passione: https://instagram.com/la.biblioteca.di.laris?utm_source=qr&igshid=MzNlNGNkZWQ4Mg%3D%3D

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