Libri in pillole

“Divorzio all’islamica a viale Marconi” di Amara Lakhous: recensione libro

Parlare di migrazione è un compito sempre molto delicato, parlare di migrazione araba e musulmana, probabilmente, lo è ancora di più. Perché, soprattutto negli ultimi anni, si è radicato sempre di più ciò che si può definire il razzismo delle migrazioni, che tende a differenziare la considerazione dei migranti in base all’affinità linguistico-culturale che intercorre tra il loro Paese di origine e quello di arrivo. Il risultato di questo approccio è che chi proviene da un Paese la cui cultura è sconosciuta, “oscura”, poco chiara, o poco condivisibile, non gode affatto di buona considerazione.

È senza dubbio questo il caso dei migranti arabi e musulmani, la cui immagine ultimamente sembra legata indissolubilmente a questioni politiche internazionali che rimandano a un solo concetto: il terrorismo. Perché è come se turbante e velo (o burqa) fossero diventati simboli identificativi di azioni militari estreme, mentre in realtà dovrebbero rimandare semplicemente a tradizioni culturali e religiose.

“I primi tempi in Italia sono stati durissimi. Quando uscivo per strada la gente mi guardava con una morbosità quasi ossessiva. Mi chiedevo: ma sto andando in giro nuda, per caso? E poi negli occhi delle persone vedevo spesso fastidio, disagio, insofferenza, timore. E mi chiedevo: perché hanno paura di me? Dopo un po’ di tempo ho scoperto la risposta. Il mio velo era come un semaforo davanti al quale la gente deve fermarsi. Quella sosta obbligata era il momento ideale per scaricare tensioni, paure, inquietudini, ansia eccetera eccetera. Le persone avevano bisogno di sfogarsi. Ero come il sacco di sabbia che i pugili usano per allenarsi. In realtà, quando camminavo per le strade di viale Marconi non ero mai sola. Ero sempre a braccetto con tanti accompagnatori fantasma: i loro nomi? Jihad, guerra santa, kamikaze, undici settembre, terrorismo, attentati, Iraq, Afghanistan, Torri Gemelle, bombe, undici marzo, al-Qaeda, talebani”. 

E per sradicare questa tendenza fatta di pregiudizi, approssimazioni, imprecisioni e ignoranza non c’è niente di meglio che imparare a conoscere “lo straniero”, l’altro, colui che anche dal punto di vista estetico ci appare diverso. Con Divorzio all’islamica a viale Marconi Amara Lakhous fa esattamente questa operazione, ossia ci prende per mano e ci conduce all’interno di una micro comunità araba e musulmana che risiede a viale Marconi, zona di Roma che negli anni è via via diventata sempre più multiculturale e multietnica. E lo fa con una naturalezza che dovrebbe corrispondere a quella di chi accoglie lo straniero, mettendo in rilievo aspetti che contraddistinguono la migrazione e il processo di inserimento nella comunità di arrivo.

“La prima domanda che ti fanno sempre è: come ti chiami? Se hai un nome straniero si crea immediatamente una barriera, una frontiera insuperabile tra il “noi” e il “voi”. Il nome ti fa sentire subito se sei dentro o fuori, se appartieni al “noi” o al “voi”. […] Diciamo che il nome è il primo marchio della nostra diversità”. 

L’endogruppo e l’esogruppo, insomma, che costituiscono la dicotomia all’interno della quale Amara Lakhous ambienta la narrazione, includendo tanti temi che interessano la sfera migratoria: l’integrazione sociale, linguistica e culturale, gli estremismi che caratterizzano la comunità ospitante – e che a volte sfociano nel razzismo – ma anche la stessa comunità migrante, il ruolo della donna nella cultura islamica. L’autore algerino si muove all’interno di questo microcosmo con equilibrio e imparzialità, sottolineando criticità, paradossi ma anche gli aspetti positivi che emergono dagli spazi multiculturali.

Tutti questi spunti sono inseriti all’interno di una trama decisamente dinamica: i protagonisti sono Issa, un siciliano di origini tunisine che parla un po’ arabo, un po’ italiano ma anche dialetto siciliano, e Safia, una egiziana che si ritrova a vivere a viale Marconi insieme al marito Said. Due personaggi intorno ai quali ruota la narrazione, che si configura come una sorta di spy story finalizzata a scoprire una cellula terroristica che avrebbe come base un call center a Roma. Ne scaturisce una trama ricca, leggera da una parte ma sostanziosa dall’altra, perché Lakhous, seppur cosciente dell’importanza dell’argomento, opta per alleggerirne il peso, creando un romanzo che diventa piacevole, scorrevole, avvincente, divulgativo. Un libro, dunque, che attraverso la leggerezza contribuisce ad accorciare la distanza che separa il conosciuto dall’ignoto, e che fa riflettere sui tanti pregiudizi che, anche per le continue pressioni esterne, si sono oramai consolidati nel pensiero collettivo. 

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“Divorzio all’islamica a viale Marconi” di Amara Lakhous, edizioni E/O. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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