Un libro tra le mani

“Grande era onirica” di Marta Zura-Puntaroni, recensione: Un libro tra le mani

Grande era onirica.

Coraggiosa Marta, coraggiosa a scrivere un libro così spudorato, maledettamente sincero, in cui si mette a nudo anche a costo di risultare indigesta, a tratti persino fastidiosa.

Con uno sguardo ed una scrittura lucida, ci racconta le sue “grandi ere oniriche“, ovvero periodi della sua vita strettamente collegati alle sue dipendenze, dall’alcol, dalle sigarette, dagli psicofarmaci (regolarmente prescritti dai medici), ma anche dipendenze emotive, a partire dalla ricerca ossessiva dell’affetto paterno, agli amori sofferti, gli amori sbagliati…
Era onirica del Martini.
Era onirica delle Davidoff.
Era onirica del Tavor.
Era onirica dei 21 giorni.
E ancora…

“Mi stanno rifacendo l’impianto del subconscio, per adesso sono senza residenza psicologica adulta: sono tornata per qualche mese nell’adolescenza, per adesso sto qui.”

Grande era onirica
Grande era onirica

Le figure maschili della sua vita sono il fulcro attorno al quale ruota tutta la sua infelicità (o forse dovrei dire il suo essere “non abbastanza felice“), a partire dal primo uomo per lei veramente importante: suo padre.
Un padre che, nel tentativo di renderla forte, pronta a tutto, capace di cavarsela sempre e comunque, le fa vivere momenti di abbandono, di panico, di violenza, di umiliazione… un’umiliazione in cui poi lei tenderà a crogiolarsi, se non addirittura a cercare.
E poi arriveranno il Primo (primo amore tragicamente perduto senza essere stato davvero vissuto), il Poeta (misteriosamente dissolto nel nulla) e l’Altro (professore universitario, vent’anni più grande, per il quale sviluppa una totale sudditanza), che continueranno a farla sentire sempre inadeguata, “non abbastanza”.

“Ma tu mi vuoi bene?”
Voler bene, non dico amare, dico voler bene.
“Sì, come a un cane”.
Poi si volta dall’altra parte e si mette a dormire.

Da queste pagine si evince quanto l’autrice, nonostante il suo disagio esistenziale, abbia una grande consapevolezza della sua condizione (depressiva…? borderline…?) tanto da essere impietosa verso se stessa e lucidissimamente cruda.
Marta cerca di capire chi è, dove risiede l’origine del suo malessere, senza voler apparire migliore e senza nascondere tutti i suoi squilibri, intesi proprio come mancanza di stabilità emotiva.

Da queste pagine si evince anche una scrittura di carattere che, pur nel suo apparente distacco emotivo, ti rapisce.
A volte è ipnotica e straniante, come nelle descrizioni dei suoi sogni/incubi, a volte è brutale e scandalosa, come nel racconto delle sue relazioni, a volte è tenera e indifesa, quando riesce ad abbattere tutte le sue resistenze e a gridare al mondo il suo desiderio di essere amata, semplicemente.

 

“Grande era onirica” di Marta Zura-Puntaroni, Minimum Fax . Un libro tra le mani.

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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