Un libro tra le mani

“Le affacciate” di Caterina Perali: recensione libro

Caterina Perali, con “Le affacciate”, affronta il tema della perdita del lavoro, del buco nero generato dal non sentirsi più parte del tessuto sociale produttivo, della dipendenza da social network (e della relativa rispettabilità legata alla nostra immagine virtuale), dell’incomunicabilità con chi ci gravita intorno, divenuto ormai trasparente ai nostri occhi “veloci”…fino a quando, improvvisamente, non ci ritroviamo fermi, a fissare e contare i chiodi nelle travi del soffitto, aspettando chiamate ed e-mail che non arrivano, e prestando attenzione anche a chi non aveva mai destato il nostro interesse.
Come la nostra vicina di casa.

Sono perfettamente riposata, consapevolmente depressa e lucidamente apatica.
Sono le 7:08, sono sveglia, seduta sul letto, a chiedermi perché ho puntato quattro sveglie se non so cosa fare.

Perdere il lavoro e ritrovare se stessi

Le affacciate

Così Nina, perdendo il suo lavoro di organizzatrice di eventi importanti e “lasciata a casa“, immersa nella vergogna di chi non riesce a confessare la propria condizione, si accorge dell’esistenza di Adele, sua vicina nel condominio a ringhiera nel quartiere Isola di Milano, proprio di fronte al Bosco Verticale, ed incomincia ad interessarsi alla sua vita, alla sua storia, che piano piano coinvolge anche quella di altre due donne.
Ed ecco che si ritrova catapultata in un racconto che la fa viaggiare in una Serbia in guerra, in una Grecia assolata e romantica, per poi ritornare nella sua cinica Milano.
In un certo senso, Nina, perdendo il lavoro, perde il proprio sé professionale, ma ritrova se stessa.

Mi nutro della disperazione di non essere più com’ero, vittima innamorata di una maledetta nostalgia.

Nina, però, non sembra essere una bella persona, non brilla in empatia, né tantomeno in profondità di contenuti, ma è consapevole dei propri limiti e superficialità, non promette redenzione e cambiamento, solo una presa di coscienza e la consapevolezza di voler essere esattamente quella persona che, tutto sommato, non le piace.

Mi sono travestita da me stessa, come ai vecchi tempi.
Come quando, anche se non mi sopportavo, mi piacevo da morire.

Vergogna del fallimento e identità personale

La Perali è molto brava a dare voce alla vergogna del fallimento, anche quando non è causato da un proprio demerito.
Una voce secca, sarcastica e tagliente.

Le affacciate

Il suo è un invito ad affacciarci al mondo, ad uscire dalla frenesia del quotidiano, a fermarci un attimo a contare i chiodi, perché quel momento di vuoto, apparentemente così riprovevole, è l’unica strada verso il recupero della nostra identità, che non deve essere necessariamente legata alla nostra immagine lavorativa.

“Le affacciate” è un romanzo agile, veloce, profondamente immerso nel nostro tempo, e pervaso da un’ironia costante che, inevitabilmente, sfocia in un ghigno amaro.

“Le affacciate” di Caterina Perali Neo edizioni. Un libro tra le mani.

Antonella Russi

Nata a Taranto, classe '76. Lettrice per passione, da sempre.

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