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Di Versi in Versi: “Epica quotidiana” di Ilaria Grasso

Per “Di Versi in Versi”, vi proponiamo la lettura di “Epica quotidiana” di Ilaria Grasso, edito da Macabor.

Per “Di Versi in Versi”, vi proponiamo la lettura di “Epica quotidiana” di Ilaria Grasso, edito da Macabor.

Il lavoro e la lotta di Ilaria Grasso

Com’è cambiato il lavoro, rispetto ai tempi delle note lotte operaie? Chi sono i nuovi protagonisti? È in atto un riappropriarsi della consapevolezza dei propri diritti o si è schiavizzati dalla necessità? Epica quotidiana apre, prima di ogni altra cosa, una serie di interrogativi. E cosa altro dovrebbe fare l’arte? Se non portare il fruitore a farsi delle domande e – nella migliore, ma meno probabile, delle ipotesi – portare a dare un contributo verso il cambiamento. Ilaria Grasso, che firma questo importante testo edito da Macabor, percorre la migliore ipotesi. Lo fa, contribuisce al cambiamento, con classe, e il termine è decisamente appropriato. Calandosi all’interno di quella classe lavorativa che fa di uno scioperante un uomo preoccupato per il proprio stipendio già di per se precario. Lo fa diventando essa stessa protagonista di quelle lotte.

Già dall’esergo la Grasso compie una dichiarazione di intenti. Quando ricorda – ad esempio – Anthony, il rider che si è tolto la vita lanciandosi dal Ponte Vespucci di Firenze dopo un licenziamento tramite mail (e aggiungendo essa stessa «sperando non accada mia più»). Quando si rivolge ai «coraggiosi utopisti che non smettono di andare avanti, nonostante tutto». La Grasso procede per quotidianità che si accalcano per il pane della sopravvivenza, come quella dei rider:

«L’altro giorno un collega ha perso una gamba sotto un tram

e abbiamo scioperato e ora temo

di avere perso pure quei venti euro che allo scorso turno

m’ero guadagnato».

Lo fa con la delicatezza dei pensieri, che ricordano – non a caso lo definisce essa stessa, l’autrice, uno dei patri fondatori dell’intera opera – Luigi di Ruscio.

«A Luigi di Ruscio

Di ritorno a casa l’autobus traballa

e mi rovina la scrittura.

Dopo ore seduta davanti al monitor

tutta bella compita e composta

ecco quel che mi tocca:

una poesia disordinata e scomposta».

L’autrice “urla con classe

La Grasso urla con classe, come ricorda Aldo Nove nella sua prefazione. E invita – ricordando Fortini – alla ribellione, già dai primi versi:

«Tu ti devi ribellare

Non puoi permetterti

il lusso della gioia

in mezzo a questo fetore

che tutti i giorni

la gente come te

inala per strada

mentre all’ennesima donna

danno della puttana».

Ci accompagna nel terreno morbido e accogliente della coscienza di classe, dove «dobbiamo aprire le parole e riempirle di azioni e significati / e mai urlarle per sterile contrasto».  La prima sezione del testo, non a caso titolata “Le gesta dei padri” è un omaggio costante. Ci troviamo Fortini, Ottieri, Scotellaro, Christian Tito, Biancardi, Brugnaro, Di Ruscio, Majakovskij. A ricordarci – e qui sta il necessario monito – che «non esiste candeggina a sbiancare le coscienze / della gente seduta ai tavoli».

È un atto coraggioso quello compiuto dalla Grasso, che fa della poesia il risultato di studi precisi, che vanno dalla sociologia, alla psicologia, passando per il diritti, o meglio i diritti. Tocca punte di commovente “manifattura” poetica quando – ad esempio – parla di mobbing, dando spazio e dignità al dolore:

«il bullismo non è un fatto adolescenziale

e non muore al compimento dei diciott’anni.

È una costante di notti bianche e di malanni,

di valori inversi e inganni».

La poesia che diventa coscienza collettiva

Lo stile di scrittura è asciutto, diretto, è un focus costante su oggetti, soggetti, tematiche, e sempre ricorre l’interrogativo:

«Un tempo per far rivoluzioni occorrevano

giovani forti e una certa dose d’incoscienza.

Ora chissà».

E ci troviamo anche una moderna catena di montaggio, il meccanicismo che aliena, pur se in forma evoluta o dissimile nella forma, non certo nel contenuto:

«CRTL C CRTL V qualche vota CRTL X

CRTL V CRTL V CRTL V

Avrei voluta saperla prima la mia missione qui

e imparare solo poche lettere dell’alfabeto».

Ilaria Grasso

E se i tempi cambiano, ma i problemi restano, pur se rinnovati, allora la Grasso compie sul principio della fine del testo una straordinaria operazione di provocazione, un atto di coraggio, per dire a chi dovrebbe tutelarci che invece ci ha trasformati in merce, o in burattini, o in automi, ognuno scelga ciò che ritiene più aderente al proprio sentire.

E così “Nello stato in cui siamo”, ci dice la Grasso, l’Italia non è più una Repubblica democratica fondata sul lavoro (come recita l’articolo 1 della Costituzione), ma fondata «sullo stipendio» – riporta la Grasso in questa riscrittura provocatoria di alcuni articoli della Costituzione –, dove «La sovranità appartiene a chi la esercita, quando presenti, nelle forme e nei limiti della tipologia contrattuale».

E allora è proprio il caso di dirlo tutti insieme, come fa l’autrice, dopo aver letto questo incredibile lavoro poetico, che non ci hanno convinti:

«Ci hanno convinti di poter essere imprenditori di noi stessi

anche quando in nero puliamo i cessi.

Ci hanno convinti tutti,

quasi tutti», che ancora possiamo essere quel quasi, che diventa coscienza collettiva.

Felicia Buonomo

Felicia Buonomo è nata a Desio (MB) nel 1980. Nel 2007 inizia la carriera giornalistica, occupandosi principalmente di diritti umani. Alcuni dei suoi video-reportage esteri sono stati trasmessi da Rai 3 e RaiNews24. Attualmente è giornalista presso Mediaset ed è nella redazione di Osservatorio Diritti. Alcune sue poesie sono state pubblicate su riviste e blog letterari, quali La rosa in più, Atelier poesia, la Repubblica – Bottega della Poesia e altrove. Alcuni suoi versi sono apparti anche su riviste e blog letterari degli Stati Uniti, quali Our Verse Magazine, The Daily Drunk Mag e Unpublishable zine. A dicembre 2020, una poesia – tradotta in francese da Bernard Giusti – verrà pubblicata sulla rivista parigina “L'Ours Blanc”. Altri suoi testi poetici sono stati tradotti in spagnolo dal Centro Cultural Tina Modotti. Cura una rubrica dedicata alla poesia su “Book Advisor”. Pubblica il saggio “Pasolini profeta” (Mucchi Editore, 2011), il libro-reportage “I bambini spaccapietre. L'infanzia negata in Benin” (Aut Aut Edizioni, 2020), la raccolta poetica “Cara catastrofe” (Miraggi Edizioni, 2020) e la raccolta poetica "Sangue corrotto" (Interno Libri, 2021). Dirige la collana di poesia “Récit” per Aut Aut Edizioni.

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