Di Versi in Versi

Di Versi in Versi: “La filosofia del sole” di Michela Zanarella

Per "Di Versi in Versi", vi proponiamo la lettura de "La filosofia del sole" di Michela Zanarella (Ensemble)

Proseguire, e rimanere fedeli a se stessi, a quel patto fatto con l’arte poetica, che la Michela Zanarella sa incarnare. Scelte ardite, eppure riuscite, quelle fatte dalla poetessa con “La filosofia del sole”, la nuova raccolta poetica di Michela Zanarella, edita da Ensemble. Sceglie la parola “sole” per il titolo, che lega a filo stretto alla sapienza che fa dell’essere umano lontano dalla bruttura, come a richiamare il celeberrimo postulato poetico dantesco “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.

Già al primo sguardo – anche dei più distratti – del lettore, l’autrice ci apre il cassetto dell’invito. Vuole farci accomodare nella sua casa, fatta di versi, di luce. Perché quando si entra nella terra straniera, il faro deve poter essere sempre accesso. E allora la luce non è solo quella dell’autrice, è la poesia. La sua, certo, ma maneggiata con la cura di chi vuole offrirla, per poterla rendere atto universale.

Versi che scavano alla ricerca costante della luce

La Zanarella scava, ma in questo movimento non c’è affaticamento, non c’è il marcescente del celato. Al contrario ci troviamo l’amore «che ci è stato dato dal cielo», che raccogliamo «da terra / come se ci fosse luce / che cresce sotto l’erba»; ed è così che possiamo «Nominare tutte le cose / anche le più dolorose / luce». Perché è vero ciò che si insegna la voce della Zanarella, «lo sanno anche le pietre / che senza luce / si fa fatica a riconoscere la radice / di un fiore».

Ogni singolo componimento è frutto di un lavoro di ricerca, sembra di intuire tra le pagine dell’intero testo. Come a evidenziare che non contano le parole, ma il legame che il poeta costruisce tra le stesse, quel lavorio di semantica che fa delle singole maglie una catena solida: luce – cielo – silenzio – amore – buio, e per finire l’assoluzione, che tutto risolve, tra le pareti del se e che dall’Io arriva al fuori, o all’altro.

Da “La filosofia del sole” di Michela Zanarella (Ensemble Edizioni)

La poesia come missione, oltre gli individualismi

«Non è mai anonima la vita

porta il nome di uomini e fantasmi e mura

così come di tutte le cose

che si presentano in fila lunghe d’attese

ai cancelli del tempo»,

scrive la poetessa. L’invito a non fermarsi alla superficie, che quasi mai pura è, veste la voce della Zanarella degli abiti freschi e profumati della missione poetica che ogni autore dovrebbe tenere a mente, oltrepassando gli individualismi, i calpestamenti, la meschinità, che – come ricordano le parole di un’altra grande poetessa, Franca Alaimo – non può appartenere al vero poeta:

Da “La filosofia del sole” di Michela Zanarella (Ensemble Edizioni)

Colpiscono – positivamente – le parole di Dante Maffia, che nella sua prefazione scrive: “Michela cresce giorno dopo giorno e lo fa in silenzio, lavorando e applicandosi come se fossero le prime pagine che scrive”.

Michela Zanarella, autrice de “La filosofia del sole” (Ensemble Edizioni)

Il silenzio è un concetto caro all’autrice, che tuttavia non sentiamo di associare all’assenza della parola. Il suono si sente e cresce dentro di noi ad ogni verso. È più sinonimo di umile lavoro di ricerca, studio continuo, per non lasciarsi ammaliare da una posa, attribuirsi uno status. È la poesia che deve farsi protagonista, non il poeta.

Nei versi della Zanarella la poesia sopravvive e insegna

E se è vero, come scriveva Martin Heideggher a Hannah Arendt, in un commovente carteggio che tutti dovrebbero leggere prima di parlare (o sparlare d’amore) che “ci sono ombre soltanto dove c’è il sole”, allo stesso modo la poetessa ci ricorda che «Non che la notte sia la riva del dolore / forse un rifugio per le verità del cuore». Ma arriva il mattino, che sempre brama il sole, «dopo una veglia alla luna».

E allora arrivati al crepuscolo dei versi della Zanarella, ci fermiamo per un attimo ad ammirare il paesaggio. E comprendiamo che ancora vale la pena aspettare il mattino, che ancora possiamo imparare dalla poesia, che il quotidiano è linfa e ispirazione, che i luoghi (il Gasometro, la metro, Trastevere) ci abitano, oltre che essere abitati. E che tutto, in un verso, può sopravvivere e farsi luce.

Felicia Buonomo

Felicia Buonomo è nata a Desio (MB) nel 1980. Nel 2007 inizia la carriera giornalistica, occupandosi principalmente di diritti umani. Alcuni dei suoi video-reportage esteri sono stati trasmessi da Rai 3 e RaiNews24. Attualmente è giornalista presso Mediaset ed è nella redazione di Osservatorio Diritti. Alcune sue poesie sono state pubblicate su riviste e blog letterari, quali La rosa in più, Atelier poesia, la Repubblica – Bottega della Poesia e altrove. Alcuni suoi versi sono apparti anche su riviste e blog letterari degli Stati Uniti, quali Our Verse Magazine, The Daily Drunk Mag e Unpublishable zine. A dicembre 2020, una poesia – tradotta in francese da Bernard Giusti – verrà pubblicata sulla rivista parigina “L'Ours Blanc”. Altri suoi testi poetici sono stati tradotti in spagnolo dal Centro Cultural Tina Modotti. Cura una rubrica dedicata alla poesia su “Book Advisor”. Pubblica il saggio “Pasolini profeta” (Mucchi Editore, 2011), il libro-reportage “I bambini spaccapietre. L'infanzia negata in Benin” (Aut Aut Edizioni, 2020), la raccolta poetica “Cara catastrofe” (Miraggi Edizioni, 2020) e la raccolta poetica "Sangue corrotto" (Interno Libri, 2021). Dirige la collana di poesia “Récit” per Aut Aut Edizioni.

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