Libri in pillole

“La testa perduta di Damasceno Monteiro” di Antonio Tabucchi: recensione libro

Una sensazione di tremenda completezza: è questa l’eredità che mi ha lasciato la lettura de La testa perduta di Damasceno Monteiro di Antonio Tabucchi. Un libro straordinario, anzi, un altro capolavoro di uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento: perché con questo romanzo Tabucchi dà mostra ancora una volta della sua abilità letteraria, della sua raffinata coscienza civile, della sua sensibilità.

la testa perduta di damasceno monteiro di antonio tabucchiLa narrazione riprende un fatto di cronaca realmente accaduto, vale a dire il ritrovamento del corpo decapitato di un giovane nella periferia di Lisbona. Da questo episodio Tabucchi costruisce la storia di Damasceno Monteiro, nel romanzo ambientata a Oporto, e la arricchisce come solo i grandi scrittori sanno fare: la traveste, infatti, da giallo, mettendo nelle mani di Firmino, un giovane giornalista, la missione di venire a capo di questo misterioso assassinio.

“Lo scenario di questa triste, misteriosa e, aggiungeremmo, truculenta storia è la ridente e operosa città di Oporto. […] E i lettori del nostro giornate sanno che questa triste, misteriosa e truculenta storia riguarda nientedimeno che un cadavere decapitato: i miserabili resti mortali di uno sconosciuto, orrendamente mutilati, abbandonati dall’assassino (o dagli assassini) in un terreno selvatico della periferia, come se si trattasse di una scarpa vecchia o di una pentola bucata”.

Ne scaturisce un’indagine collettiva, alla quale partecipano più personaggi: il giornalista, infatti, viene affiancato nelle ricerche da Dona Rosa, un’anziana molto scaltra proprietaria della piccola pensione di Oporto nella quale Firmino risiede, e soprattutto dall’avvocato Loton, una sorta di Don Chisciotte contemporaneo che ha deciso di dichiarare guerra al potere per provare a correggere la Storia, per restituire dignità e giustizia agli ultimi, agli emarginati, a coloro ai quali la società appare poco interessata.

“Io difendo gli sciagurati perché sono come loro, questa è la pura e semplice verità. Della mia nobile casata utilizzo solo il patrimonio materiale che mi è rimasto, ma come i disgraziati che difendo credo di aver conosciuto le miserie della vita, di averle capite e anche assunte, perché per capire le miserie della vita bisogna mettere le mani nella merda, scusi la parola, e soprattutto esserne consapevoli”.

Ed è così che il romanzo entra prepotentemente nella sfera politica, perché Tabucchi si scaglia contro le diseguaglianze, contro le ingiustizie, contro l’abuso di potere, contro le impunità, contro le discriminazioni sociali, razziali e di genere, e lo fa con forza, tratteggiando con chirurgica precisione il disagio di chi sente che battagliare contro i potenti è sì pericoloso ma estremamente necessario. Insomma, La testa perduta di Damasceno Monteiro è un libro forse mediaticamente meno famoso di Sostiene Pereira, ma è un altro straordinario capolavoro di Tabucchi, un romanzo che una volta letto è impossibile dimenticare.

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“La testa perduta di Damasceno Monteiro” di Antonio Tabucchi, edizioni Feltrinelli. Libri in Pillole.

Alessandro Oricchio

Dottorando in studi politici Sapienza Università di Roma, speaker di Teleradiostereo, giornalista pubblicista iscritto all'Odg del Lazio. Amante dei libri, dei viaggi, del calcio, della lingua spagnola, del mare e della cacio e pepe.

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