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“La devozione di Turi” di Antonino Cicero: recensione libro

Patimenti e fede. Le bocche timorate da Dio sciorinano suppliche e Ave Maria. Murmuriare non è cosa loro, quando il lavoro le lascia secche e sfatte. Fiatano silenzi, ingoiano malasorte, sputano sentenze. Si rivolgono a tutti e parlano a pochi. “I ciucci di fatica” non hanno tempo per le babbiate, si segnano ogni tre per due e tirano sempre dritto.

La devozione ai Santi per quello che hanno non è mai abbastanza e un pensiero alla Madonna ce l’hanno sempre, non si sa mai che dovesse prendersela a male. Chi si spacca la schiena dalla mattina alla sera non chiede niente. Non è abituato e non saprebbe neanche come fare per una integrità morale a tirare le giacche e ad essere limaccioso con coloro che gonfiano il petto per l’importanza che hanno o che si danno. Bocche del genere conoscono la fame, ma anche la misericordia che impastata con la dignità, che li ha cresciuti consapevoli di se stessi, le tengono lontane dai guai. Questo il lascito di una vita raggiata di fuoco e di pazienza.

In La devozione di Turi di Antonino Cicero conosci la povertà e il chianto di Turi, un contadino che non conosce le fantasie della vita e che ha una devozione speciale per la Marunnuzza sua. A lei si rivolge per placarsi, per trovare consensi, via di fuga e assoluzioni. Ha un desiderio, ma è destinato al castigo.

Bellissimo lo stile narrativo. La scrittura è così vera, autentica, che il lettore si sente parte di essa. È un linguaggio che prende, affascina, conquista. È più che prosa, sembra un dipinto di uno spaccato di vita.

“La devozione di Turi” di Antonino Cicero, Edizioni Arianna. Dream Book.

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario Rai Cultura per Mille e un libro Scrittori in Tv di Gigi Marzullo su Rai1. Giornalista pubblicista, recensore professionista. Lettura, scrittura e stile, fonti di vita e di ispirazione

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